Ritiro PFU (pneumatici fuori uso): che cos’è e come funziona il contributo?

Il PFU è la sigla che identifica il contributo dei pneumatici fuoriuso, regolato con un decreto del Ministro dell’Ambiente dell’11 aprile 2011 per la gestione degli pneumatici che non sono oggetto di ricostruzione o successivo riutilizzo e non possiedono più le caratteristiche necessarie per assicurare una prestazione sicura ed efficiente.

Il contributo sullo smaltimento si paga in anticipo contestualmente all’acquisto del set degli pneumatici ed è incluso nel prezzo di acquisto senza ulteriori investimenti.

La percentuale del PFU è definita dalla legge ed esonera il cliente dalla responsabilità e dal costo del successivo smaltimento.

Grazie a una rete capillare di consorzi e associazioni presenti su scala nazionale, ogni rivenditore di gomme si impegna a ritirare in maniera gratuita gli pneumatici che non possono essere più riparati né rigenerati nel rispetto dell’ambiente e delle norme che regolano il riciclo.

I consorzi che si occupano del ritiro degli pneumatici fuori uso sono società senza scopo di lucro create dai principali produttori di pneumatici o di natura indipendente.

Il più famoso è Ecopneus, che, come altri consorzi, impone ai produttori e agli importatori di pneumatici di ritirare un quantitativo di gomme che sia di pari peso a quanti immessi nel mercato l’anno precedente.

Tutti i dati raccolti durante il processo sono trasmessi alle autorità preposte per stabilire il flusso di PFU dall’origine all’impiego fino allo smaltimento.

Da settembre 2011, Ecopneus ha raccolto per esempio circa 850.00 tonnellate di pneumatici e, soltanto nel 2014, ha contribuito a generare oltre 37.000 nuovi pneumatici dai materiali ricavati. Tra i possibili usi degli pneumatici riciclati vi sono la realizzazione di campi da calcio, asfalti gommati e diversi prodotti in acciaio.

Alcuni e-commerce online mettono già in conto il PFU nel costo del pneumatico, altri invece lo conteggiano a parte.

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